Corre il dramma nel pomeriggio del 31 agosto 2019 a Spa – Francorchamps.
Teatro dell’incidente è, ancora una volta, la sequenza di curve che rende famoso in tutto il globo questo circuito: Eau Rouge e Raidillon.
Sono appena finite le qualifiche della Formula1 e la Ferrari ha strappato una pole position “monstre” con il monegasco Charles Leclerc, pilota predestinato e terribilmente veloce. Aveva domato quella pista così scorbutica quanto tecnica, con i guanti, con grinta e determinazione, ma con la testa di un driver di esperienza trentennale.
Il distacco inflitto al compagno di squadra Sebastian Vettel e all’alfiere Mercedes, Lewis Hamilton, ovvero nove corone mondiali, sapeva di incredibile: quasi otto decimi, quando la F1 moderna si corre sul filo dei centesimi se non millesimi.
Euforia, quindi, con la generazione dei ragazzini 2.0 pronta a scalzare gli “uomini” del circus nell’università della Formula1.
Nemmeno il tempo di apprezzare il gesto sportivo della scommessa della scuderia di Maranello e piomba il silenzio sul lungo rettilineo del Kemmel: le immagini che giungono da Gara1 della Formula2 sono tremende, di quelle che non si vorrebbero né dovrebbero mai vedere.
La gravità di quanto occorso all’uscita della Raidillon è direttamente proporzionale al numero di ambulanze che in pochi minuti arrivano dove giacciono le lamiere contorte delle due monoposto che si sono scontrate: la BWT di Anthoine Hubert è spezzata in due e la Sauber di Juan Manuel Correa capottata e completamente senza muso anteriore.
Lo schianto, fortissimo quanto rocambolesco, non lascia scampo al giovane pilota francese capace quest’anno di vincere a Monaco e al Paul Ricard: Alain Prost lo stava tenendo d’occhio per il futuro Renault.
Invece il Motorsport è sempre stato e continuerà ad essere dangerous: il fattore rischio potrà essere contenuto e limitato, e bisogna lavorare sempre più in tal senso, ma non potrà mai essere eliminato.
Il fato e il destino non si comandano né questi accadimenti si risolvono con nuove regole più stringenti o peggio criminalizzando il motorsport o da ultimo, accusando questo o quel pilota di aver sbagliato o di non essere in grado.
Questo sport è pericoloso per definizione e probabilmente, anzi certamente, se non lo fosse non avrebbe così tanti appassionati a seguirlo: non tanto per il gusto di veder incidenti, ma per l’adrenalina che trasmette a noi umani che assistiamo a bordo strada o guardiamo davanti ai media.
L’aurea che circonda i piloti sembra incantata: sono persone con doti straordinarie, difficili da capire, imperscrutabili, forti nell’affrontare con serenità quello che per altri sarebbe una montagna da scalare a mani nude; corrono contro il tempo, corrono contro se stessi, corrono contro loro simili non pensando a quel fato che è dietro l’angolo, altrimenti non sarebbe Piloti.
E, allora, caro Hubert è certo che oggi, il giorno dopo della tua scomparsa, avresti voluto correre per ricordarTi e per dimostrare al fato che i Piloti accettano nuovamente la sfida: e lo fanno con un Angelo di più nel cielo ricco di campioni come te.
Rest In Pace, Anthoine.
Photo Credits: Lukas Raich [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]
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