Aveva attirato la mia attenzione al Rally di Sanremo del 2017 quando vidi per la prima volta, dopo tanto tempo, la bandiera giapponese accanto al nome di un pilota: sulla “Fiestina” della Tommi Makinen Racing, Team Principal della Gazoo Racing Wrc alias Toyota, era stampato KATSUTA.

A dire il vero, Takamoto non era l’unico nipponico per l’inizio di questa avventura pensata per far crescere giovani piloti; c’era anche un “figlio d’arte“, come oggi piace chiamarli: Hiroki Arai, erede di Toshihiro.

In quel Sanremo si capì subito che il progetto era una cosa seria, ben realizzata e mirata ad ottenere dei risultati: oggi dopo quattro anni è evidente a tutti che sia un metodo da seguire, certamente migliore di quelli fin ad ora attuati in Italia, e non solo.

A seguire sul campo i prescelti c’è stato un certo Markko Martin, che forniva, oltre alla propria esperienza di pilota che qualche gara di mondiale l’ha vista e non millantata, anche la logistica per il tramite della propria struttura sportiva MM Motorsport.

La storia di Katsuta è particolare e merita di essere raccontata: il giovane giapponese non nasce rallysta.

Nei suoi primi anni di carriera si forma su pista, prima nei kart per poi arrivare secondo nel 2013 con la Formula 3 nipponica, guidando una Toyota. Certo il padre lo portava nei parchi assistenza fin da piccolo, e il salto nel rally non è stato al buio. Ma chi ha creduto in lui lo ha scelto per i risultati fatti vedere nei circuiti.

Photo Pagina Facebook Takamoto Katsuta

Ovviamente, dopo aver corso nella Terra del Sol Levante, si è trasferito in Finlandia non solo per gareggiare ma per essere a contatto con le persone che hanno creduto in lui; e già per questo Katsuta merita un encomio: partire dal Giappone per finire nel gelido Nord Europa, e segnatamente in un luogo, per usare un eufemismo, non troppo ricco di cose da fare, non è certamente da tutti. Anzi direi che possa essere una lezione per chi, quando si sposta oltre a portare necessariamente con sè parenti, amici, tutor, motivatori e via discorrendo, si carica anche di cibarie rigorosamente della penisola….

Katsuta ha così imparato l’inglese, oggi talmente fluido da essere navigato in tale lingua: alla guida della Fiesta R1T, un giocattolino mille tre cilindri turbo dal rumore scoppiettante, arrivano i primi, buoni risultati, anche nello stivale. Con la Fiesta R5 Martin e soci scelgono alcune gare in Europa, di quelle belle toste, affinchè Takamoto possa imparare e mettersi a confronto con piloti nazionali, europei e del mondiale WRC2.

Nel mezzo, tante serie di test: test veri, accurati, in cui Katsuta è aiutato da piloti del calibro di Mikko Hirvonen, un altro che qualche buon risultato nel WRC pare averlo ottenuto.

Nel 2018, Tommi Makinen programma per lui alcune gare del mondiale: ma ogni volta che si avvicina una gara, il buon Katsuta ne anticipa una di campionato nazionale per preparare quella successiva. Insomma, una programmazione concreta, studiata, ideata non per fare le sfilate di moda con le tute nuove, ma per macinare chilometri e confrontarsi con gli altri piloti.

Takamoto spinge, spinge sempre: raramente lo abbiamo sentito dire che era in gara per imparare o amministrare. No, era nei rally per cercare il limite, facendo anche, di tanto in tanto, uscite di strada rovinose. Ma è così che si trova la sottile linea di demarcazione tra l’eccesso e la velocità: sono certo che Martin gli abbia tirato le orecchie numerose volte, ma non tanto per i danni procurati alla Fiesta, quanto perchè i rally sono testa e piede, non solo piede.

Certo che se il piede non c’è, il risultato non potrà mai arrivare: chi va forte, potrà sempre cercare di andare più piano. Il contrario è impossibile. E la differenza tra un campione e un buon pilota, e tra un buon pilota e un turista veloce è tutta lì.

Nel 2019 Katsuta partecipa a tutte le tappe mondiali e i primi buoni risultati non tardano ad arrivare: nel WRC2 riesce a vincere la categoria in Cile, finendo ottavo nella classifica assoluta a fine dicembre. Visti i risultati, Makinen lo premia: prima gli “regala” la nuova Fiesta Rally2 e, poi, lo fa esordire con la YARIS Plus all’Adac, su asfalto in Germania.

Taka porta la Yaris all’arrivo, mantiene la testa sul collo e non finisce distante dalla M-Sport di Gus Greensmith: la missione è compiuta. E, quindi, ultima gara della stagione in Spagna ancora sulla Yaris che vincerà il mondiale con Tanak: gara più complicata a causa di un problemino al cambio, ma nuovamente portata a termine con alcuni interessanti tempi di piesse.

Nel 2020 è quarto pilota fisso per la Gazoo Racing Wrc, ma non partecipa come ufficiale per i costruttori: i titolari in Toyota sono tre e tali rimangono; questa è la filosofia di Makinen che vuole lasciar libero da pesi il buon Katsuta.

Giapponese che migliora di gara in gara, tanto da essere quinto al momento del ritiro in Estonia e chiudere la stagione, segnata dal Covid, con la vittoria della Power Stage a Monza, ultima gara di stagione, dopo aver fatto segnare in tutto il weekend tempi di rilievo. Unica nota positiva per Makinen, visto la debacle in ottica mondiale costruttori per l’uscita di Evans che si stava giocando il mondiale con Ogier senza ordini di squadra.

Takamoto lo apprezzo per essere sempre disponibile a fine prova nelle interviste in diretta, sfoggiando sorrisi a trentadue denti, battute intelligenti, rabbia quando serve, sudore quando si fa sul serio. Ma si percepisce che il sacrificio fatto in passato, ha oggi lasciato spazio al sogno di essere arrivato nel tempio dei grandi del Motorsport.

Quel ragazzo piccolino pare, quasi, in misura ridotta rispetto agli altri piloti nordici come Tanak tanto che quest’ultimo se lo portava in braccio quando erano compagni di squadra.

Takamoto è ben voluto da tutti: ha stretto un legame forte con chi gli ha permesso di essere cresciuto come pilota e Hirvonen viene frequentato anche in famiglia.

Il 2021 è, in tutta evidenza, l’anno della sua consacrazione: sei rally disputati, tutti finiti nei primi sei posti dell’assoluta, con un crescendo di due quarti posti e l’incredibile primo podio alla seconda piazza al Safari Rally in Kenya. Jari Mati Latvala non potrà che essere felice del suo pilota.

Mica una gara qualunque: un rally nuovo per tutti, difficile, complicato, con fondi mai visti; il giapponesino se l’è giocata ad armi pari con il compagno di squadra Sebastien Ogier. E’ stato anche in testa dopo il ritiro di Thierry Neuville: ma non se l’è montata, la testa.

Sapeva che tener a bada il pluricampione francese era impresa ardua, ci ha provato, ma senza strafare per non buttare una seconda piazza strameritata.

A coronare un percorso che in altri paesi, e sicuramente nel nostro, sarebbe stato interrotto prima, o peggio nemmeno cominciato.

Il metodo Giappo – Makinen – Martin – Hirvonen ha dato i suoi frutti; in Francia la FFSA ha prodotto, con il binomio con M-Sport, la nuova stella transalpina Adrien Fourmaux.

In Italia ci gongoliamo ancora per quanto?

 

(Le fotografie del Sanremo 2017 e del Montecarlo 2020 sono scattate da me; le altre estratte dalla pagina Facebook pubblica di Takamoto Katsuta)